Viaggio in Libia

27 dicembre 2004 – 11 gennaio 2005

Diario di viaggio
di
Mariagrazia Baruffaldi e Stefano Cortiglioni

(sindaco@comune.castenaso.bo.it) - (cortiglioni@bo.iasf.cnr.it)

L’appuntamento é per lunedì 27 dicembre 2004 al porto di Palermo alle ore 22 per imbarcarci verso la Libia.

Siamo 7 equipaggi che non si conoscono direttamente, uniti dall’obiettivo del viaggio in Libia organizzato da Gaetano Fazio, del Gruppo Campeggiatori Catania:

Gaetano e Angela, di Catania
Carmelo e Antonella, di Messina
Savino e Augusta, di Aosta
Antonio e Carla, di Lodi, con il loro piccolo Diamond (uno Yorkshire)
Oliviero e Maria, di Reggio Emilia
Enzo ed Elda, di Rimini
Stefano e Mariagrazia, di Bologna

Prime presentazioni e scambio di saluti, ma nulla di più data l’ora e le condizioni del tempo.
La partenza é complicata e incerta fino all’ultimo: il mare burrascoso, al punto che anche il porto di Napoli è stato chiuso, consente alla nave di salpare solo alle ore 7 del martedì 28 dicembre, con oltre dieci ore di ritardo. Tutta l’attraversata è molto difficile, non riusciamo ad uscire dalle cabine se non per pochi minuti, costretti a rimanere sdraiati nelle cuccette per far fronte ai problemi causati da un mare veramente pauroso. La nostra conoscenza é dunque rinviata a dopo lo sbarco a Tunisi che avviene regolarmente il tardo pomeriggio del martedì. Le consuete pratiche burocratiche portano via altro tempo e intanto si fa proprio buio, sicché decidiamo di fermarci in un ampio spazio fuori dell’area portuale e qui cominciamo ad approfondire la nostra conoscenza.
La partenza per il confine libico é fissata per l’indomani alle 7,30.

Mercoledì 29 dicembre
La giornata é dedicata all’attraversamento della Tunisia, la guida che ci accompagnerà nel viaggio in Libia ci aspetta infatti domani mattina presto al confine. Piove ed é piovuto tutta la notte, fa anche piuttosto freddo. Appena partiti montiamo i CB e facciamo rifornimento: 0,5 dinari al litro, pari a 0,30 euro.

Maria ci augura buon viaggio con il detto reggiano: “Boun viaz e bouna streda, ogni pas una “straboucheda”. Sarà il suo saluto di ogni mattina. Di qui in poi le voci di Antonio e Carla ci  raggiungeranno molto flebilmente durante il viaggiare (o addirittura non si sentiranno) perché il loro CB non funziona bene. Permetterà tuttavia ad Antonio di ascoltare e talvolta di farsi sentire dal mezzo più vicino.

Attraversiamo Tunisi diretti verso El Jem, dove arriviamo alle 11,30: visitiamo il teatro romano, giriamo per il mercato acquistando frutta, verdura e datteri freschi che sono davvero buonissimi. Fallisce la voglia di Carmelo e Mariagrazia di acquistare alcune triglie cotte alla griglia, perché è evidente il tentativo del venditore di raggirarli sul prezzo. Tornati ai camper festeggiamo il nuovo Hymer di Oliviero e Maria con spumante e una torta preparata appositamente da Maria stessa e ci rendiamo conto di poter diventare un buon gruppo: siamo già affiatati. Pranziamo e ripartiamo.

Lungo il percorso per Gabes e oltre, troviamo molti “negozi” particolari: macellerie che espongono pecore intere, senza visceri ma ancora con il vello lanoso, pronte per essere cotte in barbecue proprio davanti ai negozi; venditori di animali vivi (polli, anatre, pecore) in mostra sui cigli della strada; venditori di gasolio contenuto in taniche impilate ai lati delle carreggiate stradali. Avvicinandoci alla Libia questi venditori mostreranno sventolandolo anche danaro, per eventuali cambi. Numerosi “ristorantini” diffondono un forte e invitante odore di carne di pecora cotta alla brace, non ci fermiamo ma la tentazione ci sarebbe e le battute sulla “pecora”, lanciate da Enzo e raccolte dagli altri, ci accompagneranno per tutto il viaggio.

Arriviamo al confine, dopo Ben Gardane, alle 21,30 e ci fermiamo per la notte.

Giovedì 30 dicembre

Sveglia alle 6, in quanto la guida ci aspetta alle 7 al confine.Le pratiche burocratiche alla dogana si rivelano particolarmente laboriose, visto che vengono preparate per ogni camper due targhe arabe: una viene fissata davanti a coprire la nostra targa italiana e una la sistemiamo internamente sulla finestra posteriore. Ci viene anche consegnato un dossier con tutta la documentazione sui nostri mezzi. L’attesa é resa meno pesante dalle barzellette di Enzo, che ne ha una riserva inesauribile. Augusta comincia a sfoggiare delicati pendant di abiti e cappellini di cui ha una ricca scorta. Solo alle 11,30 siamo in grado di entrare in Libia, ma il tempo trascorso in dogana ci ha permesso di osservare i veicoli di passaggio e in circolazione, modelli di auto e furgoni molto vecchi, spesso ormai fuori uso in Italia: Peugeot 204, 304, 404, Renault11, a volte tenuti insieme col filo di ferro e lo scotch, letteralmente. In Libia noteremo che le auto sono più moderne e quelle “da rottamare” sono meno frequenti, mentre sono più numerosi i pick-up.

Al confine fa anche la sua prima comparsa il fischietto con cui Gaetano ci chiamerà a raccolta ogni volta che servirà.

Un grande manifesto di Gheddafi ci dà il benvenuto e così sarà in ogni città. La strada é diritta, purtroppo costeggiata da campi cosparsi da una quantità incredibile di rifiuti e questo sarà il filo conduttore di tutto il viaggio vicino alle città e ai paesi. Le donne portano il fazzolettone per coprirsi il capo e abiti lunghi ben modellati, le ragazze hanno portamenti eretti, quasi altezzosi, ma tengono lo sguardo basso quando ci incontrano; gli uomini indossano spesso ampi mantelli e portano turbanti sul capo, forse anche per ripararsi da un vento spesso insistente e freddo.

Ci si dirige verso Nalut; ci fanno da angeli custodi una guida che chiamiamo tutti Marami, su suo suggerimento, per non storpiare il suo impossibile nome arabo e un poliziotto di nome Akram.

Entrambi giovani, si riveleranno disponibili e generosi, sempre pronti a trovare le soluzioni ai nostri problemi.

Marami parla benissimo l’italiano che ha imparato a scuola nel suo paese, di cui é orgogliosissimo, e si rivelerà una fonte preziosa per capire un mondo tanto lontano dal nostro non solo per la lingua.

E’ informatissimo sull’Italia, di cui conosce le questioni politiche, la cultura, la musica, i costumi e ama parlare del suo paese per farcelo conoscere il più possibile.

Akram, che non dice una parola in italiano e ha un vero culto per i propri capelli tenuti sempre perfettamente in forma col gel, sarà costantemente al nostro fianco per garantirci la massima sicurezza.

Facciamo un primo rifornimento d’acqua presso un grande impianto di potabilizzazione, di importazione tedesca, che alimenta l’acquedotto della zona. Alcuni bambini si avvicinano sorridenti e Marami dice chiaramente:”non sono come gli altri bambini africani, questi non chiedono niente” e ci invita a non offrire loro alcuna cosa. Proseguiamo: molte case sono nuove, spesso non finite, ai lati della strada deserto sabbioso e grandi eucalipti disposti a quinta. Vediamo molti greggi di pecore tenuti solo dai pastori, senza l’aiuto di cani-pastore, e incontriamo i primi dromedari. Man mano si prosegue, fin dove l’occhio corre vediamo solo sabbia e cespugli bassi e grandi elettrodotti che portano l’energia elettrica anche nelle oasi. Per chilometri va avanti questa piatta piana di sabbia rosata. Attraversiamo anche paesi dove é evidente una pianificazione urbanistica con strade nuove, rotatorie, illuminazione pubblica efficiente e case sfiziose.

Arriviamo a Nalut che é sera, ci sistemiamo nel parcheggio di un albergo e andiamo a cena in un ristorante locale dove mangiamo zuppa vegetale, fagioli e pollo.

Venerdì 31 dicembre

Sveglia presto per andare a visitare il bellissimo granaio antico,ben conservato e molto ampio. Ci troviamo a 800 metri di altitudine e l’aria è piuttosto fredda, siamo tutti super imbacuccati con sciarpe cappelli e guanti. Stradine strette, scavate nelle pareti della collina, collegano le varie finestrelle e le cellette usate come ripostigli per gli orci e vasi che contenevano gli alimenti: l’effetto è molto suggestivo e ne usciamo soddisfatti. A Nalut c’è anche l’università, facoltà umanistiche e collegate all’archeologia.

Ci dirigiamo verso Gadames, lungo un percorso di zone desertiche sabbiose in cui incontriamo oasi ricche di palmizi e piccole case con qualche pecora. Ancora dromedari lungo il nostro cammino e ogni volta ce li segnaliamo a vicenda. Con i CB la conversazione tra gli equipaggi è sempre attiva e consente di conoscerci meglio. Siamo un gruppo variegato e affiatato. Il colore del deserto è una splendida scoperta, non è affatto omogeneo, è piuttosto un susseguirsi di intonazioni diverse che la luce del cielo contribuisce a diversificare. Spettacolo indimenticabile.

Si arriva a Gadames alle 16,30 e ci fermiamo subito all’ufficio postale per telefonare a casa, visto che i cellulari non hanno segnale. Acquistiamo anche cartoline, già affrancate con francobolli dove domina l’immagine di Gheddafi. Conosciamo subito la guida, Ibrahim Mohamed Cutcut, con cafetano e turbante, che domani ci porterà nel labirinto della città vecchia. Marami ci porta a visitare la casa tradizionale araba dove passeremo il capodanno, si tratta di un’antica abitazione ora adibita a locale pubblico, arredata con tappeti e cuscini colorati e impreziosita da oggetti e specchi magnifici. Proprio questa abitazione è riprodotta su diverse guide della Libia: è molto suggestiva, composta di tante stanze che conducono anche alla terrazza sul tetto, da cui si vede l’insieme del palmeto in cui è inserita. Sopra la porta che dall’esterno porta all’interno c’è uno specchio che consente alle donne di casa di specchiarsi e sistemarsi prima di rientrare. I questi ambienti festeggeremo l’arrivo del 2005. La cena e’ prevista alle 21, prima ci fermiamo sotto un portico della stessa casa adibito a locale pubblico, davanti a un braciere, a bere the e a sgranocchiare mandorle e pistacchi.

Per la cena entriamo nella sala e ci togliamo le scarpe, ma avremmo dovuto metterci calzettoni più pesanti per reggere meglio il freddo che sale dal pavimento pur coperto di tappeti. Antonio e Carla (che fanno i fioristi a Lodi) hanno preparato per ogni coppia una bellissima composizione, con orchidee e candela rossa, che collochiamo sul tavolo che reggerà i piatti delle portate: noi mangiamo seduti sui tappeti. La serata passa piacevolmente fra canti, storie, barzellette; la cena prevede: zuppa vegetale, cuscus con carne di pecora e vegetali, datteri. A mezzanotte brindiamo insieme con lo spumante portato dall’Italia e usciamo sul terrazzo dove Gaetano e Marami accendono fuochi d’artificio acquistati appositamente da Gaetano prima di partire. Chiudiamo la serata aggregandoci ad un gruppo di giovani italiani che ballano nel locale sotto il portico.

Sabato 1 gennaio 2005

Sveglia con un sole bellissimo per la visita alla vecchia Gadames guidati da Ibrahim, oggi con una lunga tunica marrone e un contorto turbante bianco. La città è composta di innumerevoli cunicoli sotterranei in cui 2/3000 anni fa vivevano oltre 9000 persone. Sette porte consentivano l’accesso all’antica Gadames, dove le donne vivevano separatamente dagli uomini: gli uomini sotto terra e le donne di sopra, solo in alcuni specifici spazi era possibile il contatto fra loro. Giardini bellissimi costituiti da oltre 20.000 alte palme sono racchiusi in questa spendida città vecchia, considerata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Dopo il pranzo e dopo aver fatto acqua dal pozzo di un locale pubblico, noi donne andiamo al mercato a fare spesa, accompagnate da Akram che non ci abbandona un attimo. Coi camper nel pomeriggio ci dirigiamo fuori della città sino ad una gigantesca duna sabbiosa che si rivelerà l’inizio di tante altre dune visibili solo salendo sulla cima della prima: é l’inizio del deserto del Sahara.

Prima disavventura: Gaetano si insabbia col camper e tutti si danno da fare per tirarlo fuori: Savino porta una corda proveniente dalle ferrovie per trainarlo, Oliviero propone varie cose, Carmelo si sdraia sulla sabbia per pulire le ruote, ecc. Alla fine tutti sono pronti a spingere il mezzo mentre una jeep della polizia, sempre presente ovunque, cerca di tirare il camper. L’operazione non riesce.

Nel frattempo gli altri camper a marcia indietro, per precauzione, tornano sulla strada principale e noi donne saliamo sulla duna fornite di macchine fotografiche e bottigliette per raccogliere la sabbia fine e dorata.

Il sole è ancora chiaro ma l’aria si va facendo fredda: finalmente alle 18,15 Gaetano riesce ad uscire dalla sabbia. Marami è riuscito infatti a trovare una ruspa, rivolgendosi ad un cantiere presente in zona per lavori, e solo con questo mezzo l’operazione “salvataggio” va in porto. Ma solo con la “vecchia” corda di Savino, perché le altre portate dagli esperti si rompono tutte.

Poco dopo le 19 siamo di nuovo a Gadames per passarvi la notte.

Domenica 2 gennaio

Partenza alle 7 per il deserto dei laghi: ci sono 6°C; l’indicazione ci viene fornita regolarmente da Oliviero.

Assistiamo ad un’aurora spettacolare, la luce variegata crea effetti incredibili sulla sabbia e sulle rade dune che sembrano coperte di ghiaccio. Alle 8,15 compare la palla di fuoco che riempie lentamente l’orizzonte e ci acceca. La strada corre diritta verso l’infinito in uno spazio che si è fatto di nuovo totalmente piatto. Piccola sosta alle 10,30 per un caffè e dolcetti di pasta di mandorle offerti da Gaetano poi si riparte: siamo su un altopiano di 400km per 360 Km a 680 metri sul livello del mare. Marami e Akram sulla loro Kia ci sono solitamente davanti, ma ora ci fotografano da varie angolazioni. Incontriamo diversi gruppi di dromedari prima di fermarci per la sosta pranzo fuori della strada (fra tante battute sull’insabbiamento di Gaetano) disponendo i camper a cerchio.

Oggi pranzo speciale: Maria prepara il “gnocco fritto” con la farina portata da casa a questo scopo. I tavoli sono posti al centro coperti con le nostre tovaglie colorate e adornati con le candele offerte per capodanno da Antonio e Carla. La temperatura è gradevole. Ciascuna prepara qualcosa: insalate, affettati, pollo, sottaceti, ma il piatto forte è naturalmente il gnocco. Nel camper di Maria si impasta la farina con l’acqua, mentre fuori, riparata, è stata predisposta la “friggitoria”. Pranzo gradevolissimo, accompagnato da svariati hip hip urrà nell’ambiente eccezionale del deserto. Anche Diamond si dà alle pazze corse fra i rari cespugli.

Ripartiamo portandoci appresso i rifiuti per non sporcare il territorio, ripartiamo e procediamo per chilometri e chilometri incontrando solo qualche dromedario sino ad un paese dove facciamo rifornimento di carburante. Qui troviamo officine, magazzini e negozi. Si riprende il viaggio ancora lungo. Al tramonto il paesaggio diventa suggestivo con le ombre lunghe e il cielo che diventa rossoarancione fino alla scomparsa del sole. Ci fermiamo alle 20,40 a Birak, in uno spiazzo di fianco ad un distributore.

Lunedì 3 gennaio

Sveglia alle 8 con un bel sole. Siamo nel Fezzan diretti a Sebha. Lo scenario ancora una volta è stupendo: dune arrotondate di sabbia chiara, molto fine a destra e a sinistra della strada, con palme distribuite in modo non uniforme. Poco oltre scopriamo un territorio con irrigatori che spruzzano acqua e danno vita a campi coltivati. Arriviamo a Sebha, una città moderna, dove ha studiato Gheddafi, purtroppo caratterizzata dalla presenza dei consueti rifiuti. Notiamo molte belle ragazze nei pressi delle scuole con fazzoletto e abiti lunghi ben modellati, dal portamento eretto e composto.

Dopo una breve sosta usciamo dalla città e ci ritroviamo fra campi di sabbia coltivati: cipolle, aglio soprattutto vengono esposti per segnalarne la vendita. Ci fermiamo per pranzare nei pressi delle rovine di un castello costruito in pietra cruda, alle sue spalle una grande duna di sabbia che ci accompagna da qualche chilometro e sembra proteggere il territorio. Proprio tra le rovine troviamo sassi colorati e cocci che raccogliamo per ricordo. Maria vorrebbe portare via una sorta di mortaio che Oliviero si rifiuta categoricamente di caricare sul camper perché troppo pesante.

Arriviamo a Tekerkiba, il campeggio base per la visita ai laghi nel deserto. Trovata la collocazione facciamo una prima uscita a piedi sulle dune e rimaniamo folgorati da tanta bellezza.

Notiamo numerose jeep che stanno andando o tornando dal deserto, alcune non riescono a salire sulle dune e devono provare più volte prima di farcela. La sera si cena insieme: si mangia la pecora acquistata da Marami intera e accuratamente pulita e tagliata da Angela e Maria. A cucinarla ci pensano Marami e Akram, tutte noi abbiamo come al solito portato verdure, sottaceti vari e panettoni. La serata si conclude con vodka gelata e vin-brulè.

Martedì 4 gennaio

Sveglia presto e partenza con le ieep per i laghi del deserto. Tutti sono a posto nonostante la cena pesantina della sera precedente: le tisane di Elda hanno dato una mano a chi ne aveva avuto bisogno. Partiamo molto imbacuccati per il freddo e il vento con tre Toyota Land Cruiser (4500 cc a benzina), guidati da touareg con turbante che risulteranno abilissimi nel portare l’auto nel deserto. Vengono sgonfiate le gomme per rendere migliore l’aderenza del veicolo sulla sabbia e si parte. Sulla nostra Toyota siamo in sette: Stefano e Mariagrazia, Savino e Augusta, Carmelo e Antonella oltre a Omar, il giovane touareg di 28 anni; sugli altri mezzi ci sono: Marami, Akram, Gaetano, Oliviero e Maria con il touareg Jaef; Antonio e Carla, Enzo ed Elda, Angela e il touareg Mustafa. Solo Diamond resta a presidiare i camper.

L’impressione di tutti è incredibile: partenza veloce per consentire alla Toyota di salire sulla duna senza difficoltà e ingresso in un mondo di luce straordinario a causa degli effetti del sole sulla sabbia. Il primo tratto è esclusivamente sabbioso, poi cominciano a comparire rari cespugli, qualche palma isolata infine il palmeto con il primo dei laghi: Mafo, dove troviamo anche il primo mercatino dei touareg che vendono le loro merci: collane, bracciali, sciarpe, scatole di pelle di cammello, ecc. Sui prezzi si tratta molto, sempre e non sempre si riesce a concludere. Antonella e Mariagrazia, davanti alle difficoltà delle trattative, rivelano la loro netta preferenza per i prezzi fissi.

Si riparte, in un susseguirsi di dune dolcissime, arrotondate o a volte dal profilo deciso, più alte e più basse in un continuo saliscendi che ci fa commentare ad alta voce il percorso con esclamazioni di oooh e di incitamento al nostro autista. Talvolta si viaggia a oltre 100 Km/h in un paesaggio sempre uguale e pur sempre diverso.

Arriviamo al secondo lago di Gabr Oun, dove è stata prevista la sosta per il pranzo. Anche qui c’è un mercatino dove Carmelo e Angela strappano prezzi stracciati per vasi impagliati e altri oggetti.

Pranziamo con fagioli, ceci, tonno, funghi e olive conditi in una grande ciotola e con verdure fresche (pomodori, cetrioli, cipolle) in un altro vassoio.

Al termine Marami e Akram, che hanno preparato tutto, portano banane e mele. Gaetano ha anche osato mettere i piedi nell’acqua del lago, che é salata e particolarmente fredda. Qui stanziavano i Douada, antiche popolazioni che vivevano del commercio di speciali vermi e di piccoli crostacei che popolano le acque del lago.

Ripartiamo e facciamo altre due fermate sulla strada del ritorno: presso il lago di Um El Ma e presso il lago Mandara. Anche qui troviamo mercati Touareg e cerchiamo di trattare mercanteggiando sui prezzi allo spasimo, spesso senza ottenere ciò che vorremmo. Proprio qui Antonio acquista due pugnali touareg e Augusta una serratura molto particolare a tre chiusure: forse serviva per una cintura di castità? No, era la serratura di un astuccio porta denaro che si portava al collo ed aveva una funzione ornamentale rivelando nel contempo l’abilità del suo costruttore. Così almeno ci spiega Marami. Tutti compriamo qualcosa: é vero che oramai in tutte le città si trova di tutto, ma fare acquisti di questi oggetti direttamente sul luogo é un piacere aggiunto.

Si riprende il viaggio correndo sulle dune fino a Tekerkiba. Ciascuno entra nel proprio camper dopo i saluti di rito fra baci ed abbracci con i nostri autisti Touareg e tante foto di gruppo davanti alle tre Toyota. Avevamo tutti necessità di una doccia salutare che ci togliesse la sabbia penetrata fra i capelli, negli abiti e nelle orecchie.

L’appuntamento é per la cena insieme, Angela ha infatti preparato un eccellente condimento di pesto alla Siciliana (basilico, aglio, mandorle) con cui vengono preparati abbondanti spaghetti per tutti. Akram cucina sulla carbonella della salsiccia, sempre proveniente dalla dispensa di Angela, ma si mette in una posizione infelice, per cui tutto il fumo entra nella sala in cui mangiamo e ci fa pizzicare gli occhi e ci affumica gli abiti ed i capelli appena lavati. La cena é ancora una volta gradevolissima perché il cibo è buono e la compagnia piacevole.

Mercoledì 5 Gennaio

Si parte alle 7 diretti verso la costa Mediterranea. I consueti saluti, i consueti auguri, i consueti tormentoni sugli insabbiamenti di Gaetano. Alle 9 la temperatura é di 9,9 °C, la notte era scesa a 3,3 °C, così ci informa Oliviero. Torniamo verso Sebha da dove prenderemo la nuova direzione per Tripoli. Maria e Oliviero si fermano alle rovine del castello dove abbiamo sostato ieri l’altro, per prendere il “mortaio” che tanto era piaciuto a Maria: Oliviero alla fine aveva ceduto e mette sul camper l’oggetto, che sarà stato 40-50 Kg.

Si procede per oltre una trentina di Km su una strada molto sconnessa che fa sobbalzare i mezzi e tutto ciò che contengono. Addirittura a tratti giriamo sulla carreggiata sinistra con grande prudenza, perché ci sembra migliore. Passiamo senza problemi i consueti posti di blocco. Si arriva a Sebha, si riparte, si fa una sosta-caffè, si riparte. Stiamo attraversando il deserto sassoso, piatto o con piccole dune. Certamente non si può dire che il deserto sia sempre uguale, si é presentato a noi con tante facce diverse, uniformi solo per l’assenza di case e persone, capace sempre di parlare di immensità, di spazio infinito, si silenzio.

Anche oggi la voce di Antonio arriva flebilissima sul CB. Alle 12 siamo tutti fermi perché Enzo si é accorto che il camper di Antonio, davanti a lui, ha qualcosa che pende sotto e pensa possa essere il terminale di scarico. Antonio aveva informato che sentiva “scampanellare” ed è vero: stava perdendo un pezzo della marmitta. Ora Oliviero (il nostro prezioso meccanico dalle mani d’oro) sta provvedendo a togliere il terminale di scarico per evitare che si stacchi completamente.

Per il pranzo ci fermiamo in una zona di sabbia e sassi colorati e tutte ne raccogliamo da mettere in giardino o in ciotole ornamentali. Riprendiamo il viaggio e la strada si fa molto brutta, ci sono tante buche che Angela arriva a dirci: “buche con strada”. Si procede molto lentamente: da Tekerkiba abbiamo percorso solo 312 Km e sono già le 16. Finalmente la strada torna buona. Ai lati della strada notiamo sassi grigi e neri che sembrano stesi ad arte, non c’é infatti un mucchio né un accumulo,  sembra un paesaggio lunare. Ci fermiamo a fare foto e raccogliere pietre nere sicuramente di origine vulcanica. Arriviamo a Hun alle 18, ci sono 16,4 °C. Ai lati della strada c’è un vero ginepraio di linee elettriche di bassa ed alta tensione, parallele tra loro. Ci ha detto Marami che a Hun ci sono circa 180 postazioni militari, per le particolari condizioni magnetiche sono state collocate qui molte apparecchiature militari. Con piacevole sorpresa notiamo che la città non é invasa dalla consueta quantità di rifiuti, appare pulita anche se non vediamo cassonetti. Qui gli edifici sono nuovi, col verde ben curato e sono privi di ornamenti arabeggianti. Ci fermiamo per la notte nel parcheggio di un Hotel e scopriamo che finalmente i cellulari funzionano. Alle 19:45 il richiamo dei “Muezzin” si diffonde per tutta Hun; siamo in attesa che Marami e Stefano tornino dopo avere cercato un ristorante dove cenare insieme. Il ristorante é del tipo “fast-food”, modesto, pieno di uomini, dove si mangia pollo, kebab, polpettine di verdure e ceci, il tutto servito in piatti unici abbondanti con patate fritte e riso. Naturalmente non si beve vino e beviamo Pepsi-Cola, perché notiamo che l’acqua non é servita in bottiglie chiuse. Intorno a noi uomini e solo uomini mangiano senza posate e utilizzano per pulirsi un lavandino posto all’interno del locale. Dopo la confusione iniziale, per capire cosa ciascuno volesse e Marami che sembrava litigare per spiegare al cameriere cosa doveva portare, la cena é filata liscia. Un pulmino ci ha portato al ristorante e ci é venuto a prendere, dopo una passeggiata nel centro del paese (con sosta in pasticceria). Alle 22,30 siamo di ritorno e ci si ferma per le consuete chiacchiere e per bere la “grappa del defunto” offerta da Augusta e Savino.

Stasera abbiamo soprannominato la grappa “grappa del de cuius”, prendendo spunto da alcune considerazioni di Maria relative alle citazioni del defunto nei testamenti.

Giovedì 6 Gennaio

Alle 6,30 ci sveglia il richiamo dei “Muezzin”. Prima di partire gli uomini ci chiamano per una foto: é in realtà uno scherzo per ricordarci che é il giorno della Befana. Si parte col cielo coperto e la temperatura di 9 °C. Poco fuori città notiamo banchetti particolari, fatti di vecchi frigoriferi adagiati su un lato, in uno ci fermiamo per acquistare datteri freschi. Riprendiamo e poco dopo entriamo in un banco di nebbia al di sopra del quale si intravede il cielo sereno. Dopo 12 Km la nebbia scompare e notiamo dune lontane di cui é ben visibile solo la sommità: sembrano quasi isole nel mare. Incontriamo posti di blocco, di cui uno caratterizzato come una vera linea difensiva, con fossato, muro e recinzione. Procedendo troviamo fattorie di nuovo insediamento con coltivazioni di palme ancora molto piccole. Ci convinciamo dopo decine e decine di Km che si tratta di vivai dato l’allineamento e la vicinanza delle piante.Riconosciamo eucalipti, tamerici, palme.

Ci fermiamo per una sosta ad un castello fortificato che segna l’inizio della Tripolitania. Ripreso il viaggio ci fermiamo solo presso un punto di vendita di ceramiche dove compriamo alcuni oggetti.

Avvicinandoci alla città di Misurata ricomincia l’enorme quantità di rifiuti sparsi ovunque. Il traffico é decisamente aumentato e i camion sono numerosi. Deve essere piovuto perché notiamo numerose pozzanghere ai lati della strada. Passiamo per Misurata senza fermarci diretti verso Leptis Magna. Pernottiamo nel parcheggio n. 1, dove i custodi ci fanno entrare, fra grandi eucalipti e tamerici. Oliviero ancora una volta si presta a risolvere vari problemi: la termocoppia del frigo di Stefano e Mariagrazia, la pompa acqua di Gaetano. I negozietti del parcheggio sono ancora aperti e si va a dare un’occhiata: la qualità non é troppo alta, ma come sempre se qualcosa interessa si deve trattare, così Antonio ed Augusta acquistano 2 bastoni da passeggio di corno ad un ottimo prezzo. Marami é andato con Carmelo e Stefano in perlustrazione ad Al Khums, la città nuova, per cercare un ristorante; hanno trovato quello adatto per contenere il nostro gruppo di 14 persone più i due accompagnatori. Si é deciso di andare anche stasera col taxi-pulmino. Per un’oretta passeggiamo fra i negozi di artigiani, tappezzieri, falegnami, e le varie botteghe tra cui primeggiano i barbieri. Notiamo il bellissimo negozietto di un sarto che sta ancora lavorando con la sua macchina da cucire. Alle 20 siamo nel ristorante, spazioso e kitch, con la sua fontana al centro del locale in cui é stata prodotta schiuma con funzione ornamentale. Ceniamo abbondante con pollo, montone, couscous, zuppe e frutta, rigorosamente senza bevande alcoliche. Tornati al parcheggio troviamo il cancello d’ingresso chiuso con la catena! Dobbiamo cercare un secondo ingresso per raggiungere i nostri camper.

Consuete chiacchiere con bevutina e buona notte.

Venerdì 7 Gennaio

Si parte alle 9 per la visita al sito archeologico. Ci fa da guida Marami stesso. L’arco di Settimio Severo, l’imperatore romano nato qui a Leptis Magna che ha trasformato la sua città rendendola magnifica, ci accoglie al crocevia tra il Cardo e il Decumano. Camminiamo a lungo, facciamo foto e riprese, avendo pagato 5 Dinari per usare la macchina foto e 10 Dinari per la telecamera. Ci sono luoghi magnifici: le Terme, il Mercato Punico, la chiesa Bizantina, il Foro, la Piazza delle Meduse.

Rimaniamo ammirati dalla grandiosità delle strutture e dall’abilità di artigiani straordinari che hanno lavorato il marmo come pizzo. I marmi sono di varie colorazioni a seconda della provenienza (Italia, Egitto, Spagna); colpiscono quelli con forti venature verdastre detti “cipollini”, provenienti dall’Egitto, piuttosto rari in altri siti. Nel Mercato Punico Marami richiama la nostra attenzione sulla tavola su cui sono incise le varie misure espresse in “braccia”per le stoffe (romana, fenicia, greca); gli splendidi piedi dei tavoli per il pesce scolpiti a forma di delfini. Chiudiamo il giro entrando nel magnifico Teatro con acustica perfetta e vista sul mare, molto ben conservato e ricco di fascino. Al nostro rientro troviamo due custodi che controllano borse e zaini dei visitatori per evitare la trafugazione di materiale ammucchiato qua e là e non catalogato. Dopo il pranzo qualcuno riesce a rifornirsi di acqua, nonostante la bassa pressione ed il tubo disastrato disponibile ai servizi del parcheggio, quindi ci dirigiamo verso l’Anfiteatro ed il Circo. Questa é la zona dei giochi con gli animali, delle corse, delle attività ludiche. L’Anfiteatro é precedente al Colosseo di Roma e poteva contenere 16000 spettatori. E’ ben conservato e in magnifica posizione sul mare.

Ripartiamo per Tripoli che dista 125 Km. Il traffico é disordinato e caotico, le auto sorpassano a sinistra ma si infilano con disinvoltura a anche a destra. Lungo la strada incontriamo numerosi venditori coi loro banchetti di miele, datteri, olio e succo di palma; pecore un po’ ovunque.

Lentamente entriamo nella capitale. Marami cerca di trovare un venditore di sedie di legno di palma, che interessano a Carmelo, ma non lo trova. Mentre siamo fermi notiamo un venditore di barbecue molto particolari, ottenuti da vecchi boiler aperti longitudinalmente, con un piccolo camino e piedi.

Marami ci spiega che tra qualche settimana ci sarà una grande festa (del montone) e vengono realizzati questi barbecue per l’occasione. Tripoli ha una prima periferia con le consuete caratteristiche di rifiuti, case non finite, maltenute, piene di parabole alle finestre, ma la situazione migliora gradualmente mentre si procede verso il centro della città. Il centro città ha viali larghi e puliti, case nuove e ordinate, alti edifici con una architettura moderna, fontane. Ci sistemiamo nel parcheggio di fronte all’Hotel Al Kabir, sul bel lungomare. Cena in camper e poi ciascuno si organizza come vuole. Stefano, Mariagrazia, Carmelo, Antonella, Savino e Augusta decidono di fare una prima visita alla città vecchia, seguendo le indicazioni ricevute da Marami. Arriviamo alla Piazza Verde, punto centrale della città percorrendo viali con ampi portici dove i negozi sono ancora aperti nonostante siano le 22. Qui per la prima volta incontriamo nel nostro girovagare ben 13 donne, col foulard e gonne lunghe, che camminano per strada. Sulla piazza vediamo anche alcune moto parcheggiate e due carrozze agghindate per le foto coi turisti, come pure un paio di piccole antilopi. Ci fermiamo in una piazzetta con un bar particolare: molti tavoli fuori con avventori intenti a fumare il narghilé mentre chiacchierano. L’interno del locale é particolarmente curato e decorato con oggetti vari. Nella zona aleggia forte l’odore dolce del tabacco dai narghilé.

Le botteghe della Medina sono tutte chiuse.

Sabato 8 Gennaio

Appuntamento alle 9,30 per il primo giro insieme nella Tripoli vecchia. Ripercorriamo le stradine dove abbiamo camminato la sera prima, ma stavolta troviamo le botteghe della Medina aperte e con grande movimento. Marami ci porta a visitare una antica moschea molto ricca all’interno dove é chiaramente delimitato lo spazio per gli uomini, a piano terra, e per le donne al piano superiore. Ci racconta Marami che per rendere più resistente la tinteggiatura delle pareti sono state usate ben 17.600.000 uova mischiate alla tinta. Custode della moschea é un anziano che parla italiano e si intrattiene con noi qualche minuto.

Successivamente entriamo nel museo della storia della Tripolitania, ex sede del consolato britannico. Nelle varie stanze sono riproposti i vari ambienti di casa: la cucina, la camera degli ospiti, la camera del Pascià e delle sue donne, ecc.. Usciamo che é ora di pranzo e ci fermiamo in un piccolo ristorante dove mangiamo eccellente seppia con piselli e baccalà fritto. Ci spostiamo per bere caffè e the nella piazzetta già individuata la sera prima. Ci informa Marami che quello é un punto di ritrovo famoso di Tripoli. Qui ci separiamo: Antonio, Stefano, Enzo, Oliviero e Marami tornano ai camper per “motivi tecnici”, ovvero per andare a sistemare la marmitta del camper di Antonio e per cercare le sedie di palma ed il barbecue. Gli altri, con Akram sempre appresso, restano a fare acquisti nel suk della Medina. Tutti acquistano qualcosa: Antonella e Mariagrazia comprano cafetani e sciarpe (stranamente) ad ottimo prezzo, o almeno così credono. Augusta trova una collana di pietre dure di vari colori (smeraldi, rubini, ametiste) che cercava da tempo ed inizia la trattativa, che poi si concluderà positivamente. Il giro continua e pure Elda, Maria, Carla e Angela fanno acquisti. Si entra anche in un negozio il cui proprietario mostra con orgoglio un libro sulla Libia su cui é riportato in Italiano che il suo negozio “é fornito di articoli di alta qualità a prezzi ragionevoli”. Prima di rientrare si ripassa nella piazzetta per bere the alla menta.

Alle 18,30 ci ritroviamo tutti al parcheggio. Ciascuno ha trovato ciò che cercava, grazie anche alla totale disponibilità di Marami, ma ora siamo tutti in “bolletta”. A cena tre coppie decidono di restare nel camper, mentre Stefano, Mariagrazia, Oliviero, Maria, Carmelo, Antonella, Savino e Augusta optano per andare in un ristorante marocchino, individuato da Marami, che si trova giusto dietro l’Hotel. Si tratta del Safir, un bel locale frequentato da personaggi della diplomazia, dove veniamo sistemati in un tavolo illuminato da candele. Ci servono zuppa marocchina e libica, verdure e salse a buffet, tagine e dolce. Il tutto innaffiato da birra analcolica ed acqua! Paghiamo in Euro perché sprovvisti di Dinari. Al rientro ai camper troviamo Marami in cafetano nero, per la prima volta. E’ l’abito delle grandi occasioni che ha voluto riservare agli amici Italiani nell’ultima sera insieme. Facciamo foto, scambiamo alcune chiacchiere e, dopo aver salutato Akram che rientra a casa sua (Bengasi), .... buona notte.

Domenica 9 Gennaio

Ci svegliamo alle 6:45 col richiamo del Muezzin alla preghiera: é ancora buio e pioviggina.

Partiamo per fermarci poco dopo per permettere a Marami di bere un caffé: quello offertogli da Gaetano poco prima era stato...... salato, per errore. Poco dopo spunta il sole ed arriviamo a Sabratha, un sito romano molto interessante, ricco di templi e monumenti, di cui restano impressi i magnifici pavimenti a mosaico policromi.

Il punto più straordinario é quello in cui si trova il teatro, sul mare, dove ancora oggi si organizzano festival e spettacoli. Si riparte ed alle 16 siamo al confine con la Tunisia. Qui si sbrigano tutte le pratiche per uscire dalla Libia e ci separiamo dall’amico Marami. Un momento di commozione per tutti visto il rapporto che si era instaurato tra noi.

Solite complicazioni per entrare in Tunisia, poi siamo di nuovo sulla strada verso Tunisi, ma con in programma una fermata ad Hammamet. La solita lunga teoria di distributori clandestini che vendono carburanti in taniche (probabilmente portati dalla Libai dove costa ¼), prima di giungere a Gabes, dove ci sistemiamo per la notte in un grande spiazzo alle porte della città, sorvegliato da polizia.

Alcune chiacchiere accompagnate dai consueti liquorini preparati da Gaetano e si va a letto. Poco prima ci fanno visita tre poliziotti che con modi gentili ci chiedono quanti siamo e quando ripartiremo, ma é solo per garantirci la sicurezza. Se ne vanno su una macchina sgangherata e senza luci posteriori; la notte passa tranquilla.

Lunedì 10 Gennaio

Sveglia alle 6,45: cielo sereno e temperatura di 9 °C. Sentiamo alla radio le prime notizie dall’Italia: la partita Milan-Palermo, la vittoria di Abu Mazen in Palestina, ancora attentati a Baghdad: pare proprio che nulla sia cambiato. Ripassiamo per El Gem e all’ora di pranzo si entra in Hammamet, piena di gente in tenuta estiva e vestiti all’occidentale. Si parcheggia sul mare, proprio alle porte della Medina. Qui comincia la storia di Stefano che viene scambiato per l’arbitro Collina da alcuni ragazzi del parcheggio. Tutti vogliono farsi fare la foto con lui e si sta al gioco. Entriamo nella Medina dove decine di negozi vendono le stesse cose, spesso di bassa qualità. Il gruppo si scompone e procede separatamente per la visita. C’è un cimitero musulmano, grande, sul mare e a fianco un piccolo cimitero cattolico dove si trova la tomba di Bettino Craxi. Quando torniamo ai camper c’é trambusto: si deve partire subito, saremo ospiti di amici tunisini di Gaetano che abitano nella campagna di Hammamet e ci invitano a mangiare il couscous da loro. In realtà il tragitto non é breve e si viaggia per oltre un’ora. Finalmente arriviamo accolti festosamente dalla famiglia: il babbo Edir, la mamma Henia, vestita con abiti colorati ampi e ornata alle orecchie con anelle così grandi che devono essere sostenute in parte dal foulard che le copre il capo. Hanno 9 figli: 5 femmine e 4 maschi. Le 4 femmine presenti sono Lelia, Fusia, Rouda, Senia e tutte lavorano in cucina. Mentre una parte del gruppo assiste al rito della preparazione del coucous, che viene fatto assaggiare ai presenti con lo stesso cucchiaio, gli uomini di casa si fanno intorno a Stefano che viene proprio creduto Collina. E’ persino venuta gente dalle abitazioni vicine per conoscerlo e farsi una foto insieme. Gli vengono addirittura richieste delle “raccomandazioni” ed é oggetto di particolari attenzioni da parte di tutti. Il padre Edir mostra la sua fattoria, con le case costruite per i figli, gli animali, il piccolo spaccio di generi alimentari. In una stanza senza riscaldamento, arredata solo cuscini, qualche poltrona e tappeti su tutto il pavimento, vengono portate coperte per consentire a tutti noi, scalzi, di sedersi e mangiare senza soffrire il freddo. La madre Henia prepara il the: lo assaggia in un bicchierino, lo riversa nella teiera, aggiunge zucchero, lo assaggia di nuovo e lo riversa nella teiera. Tutti beviamo il the negli stessi bicchierini risciacquati in una piccola scodella di acqua. Sull’igiene non si può essere troppo rigorosi.

Vengono infine preparati i piatti col coucous, abbondante e piccante al punto che qualcuno non riesce a mangiarlo. A noi sono stati forniti i cucchiai, ma il padre mangia con le mani e si pulisce con un tovagliolino che passa poi al suo vicino: Carmelo. A fine cena padre e madre emettono un sonoro rutto a cui noi tutti reagiamo senza scomporci, apparentemente. Andiamo a letto che il gallo canta e ci svegliamo che il gallo canta ancora.

Martedì 11 Gennaio

Sveglia alle 6,15. Gaetano bussa al camper e ci chiama tutti alla casa di Edir, dicendoci di portare una bottiglia vuota per l’olio che ci offriranno in nostri ospiti. Ci troviamo tutti in cucina per mangiare a turno frittelle e ottima marmellata di mele. Enzo é stato male durante la notte e, nonostante le tisane di Elda, ha frequentato spesso la toilette. Ultime raccomandazioni chieste all’arbitro Collina (Stefano) e partenza per il porto di Tunisi, dove si giunge alle 10 per sbrigare la burocrazia prima dell’imbarco. Prima di arrivare al porto, Stefano recupera il tappo del serbatoio dimenticato al distributore ESSO il giorno in cui si arrivò a Tunisi. Era stato conservato nell’ufficio certi che saremmo ripassati!

Le procedure per l’imbarco includono anche la perquisizione dei mezzi per scoprire eventuali clandestini a bordo. Tutto ok e si parte alle 13,30. Arrivo a Palermo alle 22,30. Traversata calma e rilassante, con chiacchiere e partite a carte. Le pratiche di sbarco a Palermo sono lunghe e ci lasciano sulla rampa per troppo tempo, prima di farci uscire senza il minimo controllo. Si poteva fare meglio? Usciti dal porto oltre la mezzanotte, si raggiunge piazzale Giotto (tranne Carmelo e Antonella che si avviano verso casa) dove si pernotta dopo i saluti. Arrivederci alla prossima volta.

I protagonisti del viaggio

I viaggiatori:

Gaetano: il capo-carovana. Sempre il primo della fila ...... anche quando si trattava di insabbiarsi col camper.

Angela: la Squaw del capo. Una vera maga della dispensa: nel suo camper ha ficcato viveri e bevande che sarebbero bastati per una crociata.

Carmelo: un vero talento nell’apprendere la lingua araba. L’unico a presentarsi col completo scuro ed il papillon per il Capodanno in una casa araba.

Antonella: un talento simile a quello di Carmelo ma per trattare il prezzo coi mercanti: una missione impossibile per entrambi!

Enzo: abile nel raccontare barzellette ed una vera passione per la “pecora”.

Elda: le uniche cose piccanti che sopporta sono le barzellette di Enzo. L’unica tisana che non aveva era quella per far crescere i capelli (di Stefano).

Oliviero: l’uomo dalle mani d’oro. In grado di riparare tutto purché ..... gli fossero serviti pasti regolari dalla sua Maria.

Maria: esperta di pinnacolo. Capace di preparare “gnocchi fritti” anche durante una breve sosta nel deserto.

Savino: il decano della carovana e portatore di 2 cose determinanti: la “grappa del defunto” e la corda per tirare fuori dalla sabbia il camper di Gaetano.

Augusta: abiti raffinati e pendant di colori impensabili durante un viaggio in camper nel deserto.

Antonio: il laconico silenzioso. Di poche parole che per di più non si sentivano perché il suo “baracchino” non funzionava.

Carla: compagna di Antonio con cui condivideva i lunghi silenzi.

Diamond: un discreto compagno di viaggio.

Stefano: alla sua prima esperienza di viaggio in gruppo, ma imparerà: spera di non aver fatto troppe brutte figure.

Mariagrazia: incaricata di scrivere il diario di viaggio. Caratteristica particolare: pagare perfino di più il prezzo richiesto dai mercanti.

Gli accompagnatori Libici:

Abdelwahab El Mrami: detto Marami per l’impronunciabilità del suo nome arabo. E’ stato più che una guida, un gradevole compagno di viaggio che ci ha mostrato della sua Libia tutto ciò che abbiamo avuto modo di incontrare. Una vera passione per il costume e la cultura italiana, di cui conosce veramente tanto, dalla musica moderna ad alcune espressioni gergali, dalla politica al calcio (che sfortunatamente troppo spesso sono la stessa cosa).

Akram: detto Akram. Di lui conosciamo solo il nome, Akram appunto, di Bengasi. La vera “guardia del corpo” di tutti noi. Una persona simpatica con un vero culto per la propria capigliatura, che curava ogni mattina col gel.